martedì 12 agosto 2008

Sono riuscita ad anticipare la partenza. Dovrò guidare fino a Boston con Lana, lasciarla dai nonni che la riportano a casa, dormire un altra notte nella casa con il fantasma, la "casa bianca", passare a salutare Sharon e arrivare in Aeroporto. Mi costava meno arrivare a Milano, quindi starò lì tre giorni, programmeremo il viaggio e poi si riparte. Sono un pò stanca, ma ho voglia di vivere quello che arriva, è una sensazione che non so domare, come se le cose debbano essere così.
Oggi ho contattato la comunità ebraica di Varsavia, forse avremo dei contatti. In realtà tutto è stato un caso, sono giorni che mando email alle varie comunità di Berlino, Cracovia e Varsavia senza avere risposta, ed oggi son capitata per caso su questo sito polacco della comunità Jawish. Ho contattato l'unico indirizzo skype presente e ho avuto subito l'occasione di parlare con Miriam a cui ho spiegato il progetto di Gabriele. Le ho mandato una lettera di presentazione del lavoro che mi ci sono volute tre ore per tradurre (...il mio inglese deve assolutamente migliorare!) ed ora aspetto notizie. Lei pensava di riuscire a trovarci qualche famiglia e reduce dell'Olocausto per portare avanti questo discorso sulla memoria collettiva.
Traducendo un articolo di una certa Marianne Hirsche "Le immagini che sopravvivono: le fotografie dell'olocausto e la post memoria", sono venuta in contatto con concetto della "post memoria" appunto, che non avevo mai percepito:"forse è soltanto nelle generazioni successive che un trauma può essere ricordato ed elaborato grazie a coloro che non erano presenti per viverlo ma ne hanno subito i tardivi effetti, attraverso i racconti, i gesti e i sintomi della generazione precedente" è il fatto che le immagini dell'olocausto potenzialmente disponibili sono tantissime
ma ne sono state usate pochissime, a ripetizione, creando delle vere e proprie icone
su cui si è fondata la post-memoria”.

Altra frase è quella di George Santayana "Those who forget history are condemned to repeat it”.

Sono chiusa in questa casa da sola da due giorni,Lana è dall'amica, due giorni di temporali quasi incessanti, stamattina, dalla mia finestra il cielo era rosa, sopra questi tetti bianchi. Ha iniziato un temporale così forte che da anni non sentivo. Mi sono riaddormentata così, con questa musica magica e spaventosa. Tra un pò parto, torno a casa, non importa ripartire, importa il fatto di tornare, e mi sento così strana, come se non avessi nostalgia di partire-cosa che di solito capitava-non ho mai provato un senso di nostalgia verso questo luogo da quando sono qui-di solito mi capita verso la quotidianità che vado a creare, verso le persone che incontro e con cui condivido un momento della mia Vita. Qui no. Come se andasse bene così. Come se doveva essere così. Ora qui. Dopodomani di nuovo in Italia. Poi di nuovo la strada, sempre per poter ritornare. Con occhi nuovi, consapevole dei mie limiti e delle mie possibilità.

"Ogni persona ha un ruolo nella vita di qualcuno. Ma non siamo noi a poterlo scegliere" da una conversazione con Marco. E' questo che sento ora, sento questa consapevolezza. Penso a questi ruoli che non possiami scegliere. Poi penso a come mi sento ora. Sento che è giusto seguire questo sentire, sento che è seguendo la mia strada che posso sperare di arrivare un giorno a scegliere. Penso all'Amore. Penso sempre all'Amore.
M.
Ho trovato delle zucchine gialle al supermercato con le quali ho potuto importare le mie ricette oltre oceano, ma dipinte di giallo!

sabato 9 agosto 2008

La mia pelle è i mie pensieri.

Parto. Cambio i programmi che non ho mai avuto. Vivo quello che l'oggi mi porta. Cosa aspetto?
Non posso ammetterlo e quindi parto ancora. Questi giorni sono nuvole che il vento mi porta, sempre in movimento e di cui non posso mai afferrarne la forma. Abbiamo deciso di partire. Non ho tempo per pensare. ultimamente le decisioni sono così-come dice G. latenti e non improvvise. La parola "latenza" mi accompagna. E' più di un anno. Eppure ci si muove, sempre e comunque.
Strano tempo-che scorre, mi viene addosso e lo seguo. Decido di tornare prima, decido di ripartire subito, decido di portare solo il necessario, tanto che senso ha? Ho voglia di ubriacarmi di immagini, luoghi, persone e seguire quello che sento di dover seguire. Poi le cose verranno.
Oggi ho letto questa frase " avere l'anima ubriaca" e l'ho amata moltissimo, in un pomeriggio solitario a stilare programmi e tradurre lettere.
"Amo gli orsi bianchi"-da una pazza conversazione che mi fa sorridere prima di andare a nanna...

martedì 5 agosto 2008

L’amore che passa, la passione che svanisce, assumono i toni di una fotografia, ne acquistano le sembianze, pagando con la vita il prezzo della sua apparizione. Diventa ricordo. Stringe il cuore. Allontana il corpo caldo in cui il sangue ancora scorre, in cui ancora vivono notti di vita, notti in cui si è la vita, sorrisi che fanno stringere il cuore, silenzi che lo animano di desiderio.
Voglio essere quella fotografia che non hai mai scattato.
Sarò questo, e tu alla ricerca, nella paura della giusta luce-si ha sempre paura quando ci si avvicina a ciò che si cerca-non saprai mai trovarla. Mi muoverò con la luce e con il mio corpo ne farò ombra, affinché tu possa sempre stabilire il contatto senza mai potermi afferrare.

Mettimi a fuoco nel tuo cuore e potrà bastare.
Il sangue circola, il corpo è caldo, esistono ancora notti di passione, l’argento è nelle vene, accumulerai fotografie di ricordi che faranno pompare sangue al cuore. Ma non vedrai mai apparire sul mio corpo alcuna traccia. Latente rimarrò la tua fotografia mai scattata e scattata mille volte con il cuore.

M.

sabato 2 agosto 2008

Miami
La terra brucia sotto i mie sandali, i biomi si muovono, si uniscono, si rigenerano imbevuti di quel contatto umido che li percorre- contatto fisico ed emotivo. Sono nel mezzo, i due tropici mi scortano ad ogni passo.
Per non parlare del cielo: lo popolano nubi nomadi che sempre lo percorrono e mai lo lasciano, ogni giorno nuove e sempre diverse. Dal mio letto sento l’oceano conversare con loro, ed io spio, in silenzio e cerco di rubarne qualche segreto. Hanno forme di funghi, esplosioni nucleari, ti vien voglia di correre, ti vien voglia di raggiungerle, ogni nuvola è un mondo possibile-questo cielo abbonda di possibilità.
Gli uccelli volano a bassa quota, agitati in quel loro sbattere di ali. Coprono quasi il rumore del mondo terrestre, si muovono in stormi, sempre uno si dissocia, planano, risalgono, intanto il cielo tuona, i funghi diventano navi, le navi castelli, i castelli mostri marini. C’è un gran daffare in quel mercato del cielo, cibo in abbondanza per tutti, la bassa pressione stabilisce sconti imperdibili.

Cos’è il tempo se non lo posso calcolare? “Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi”
(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

Arriva finalmente. Un miraggio. Percorro quell’asfalto rovente e mi appresto a salire-al suo arrivo, preparandomi la moneta nelle mani-1 dollaro e 25 cent che cadranno rimbalzando sonoramente nella cassettina metallica all’entrata. Escursione termica improvvisa-il mio corpo si fa solido e ritrova vigore. Mi siedo infondo in direzione di marcia.
Linea K-Hallandel- necessariamente Diplomat Hall o mi lascia a metà l’altra K contrassegnata Halouver Beach-è bello scoprirlo a tue spese, quando sfinita non sogni altro che un letto da cui spiare il mare-ma sei ignara che tale linea ha subito un parto gemellare eterozigote- e quindi il sogno si infrange e scopri quello che volevi scoprire: la realtà. Ti incammini.
La testa sul finestrino-scruto il mondo su cui fino ad un attimo fa mi muovevo prendere il sopravvento e muoversi dinnanzi alla mia attuale stabilità- la A1A diviene prima Collins, poi Ocean Drive, mutevole anch’essa si succede in nomi e paesaggi senza mai cambiare direzione: dritta, che tu la guarda da nord a sud o viceversa lei è sempre la stessa, sembra non finire mai.
Il viso accaldato si fa freddo dal condizionatore acceso. I pensieri iniziano a confondersi, la musica nelle orecchie accosta parole-Keith Jarret da voce a quell’insieme di paesaggi che mutano rapidamente davanti ai mie occhi, Bob Dylan plasma quei volti che salgono e scendono lungo il mio tragitto, volti che incontrano il mio, forse in quell’unica volta, contatti fugaci e sfuggevoli.
Si mescolano ricordi, si sovrappongono note, alla palma si sovrappone un bambino seduto accanto al finestrino due posizioni più avanti, la magia dei vetri per riflessione crea sovrapposizioni di mondi, così vicini, così lontani, fatti di colori, musica, parole dette, mai sentite, desiderate, sguardi fugaci, mondi sfiorati. Il viaggio si fa macrocosmo in movimento, in cui i mie ricordi si mescolano con il mondo, costruzione infantile di un idea, libertà di percezione, in cui non c’è più un dentro e un fuori. C’è. Ci sono. Ci siamo. Come se una grande lente fosse stata posizionata sul mondo e tutto converge, le mie aberrazioni emotive si fondono con quelle ottiche del mondo che mi circonda, sotto questa lente gigante, dove lunghezze d’onda differenti hanno una loro inclinazione, e così un uomo è seduto solo su una panchina, una autobus si muove, una donna prende in braccio il proprio bambino, un viandante cammina, una bustina di the è immersa in una tazza colma d’acqua bollente, un ricordo ritorna. E questa lente sul mondo genera iridescenze emotive convertite in bianco e nero.
M.